PinOcchio a Lodz del giovane artista Grzegorz Worpus Budziejewski costituisce l’atto, l’evento conclusivo, ma non esaustivo dell’interessante progetto grafico/pittorico tra narrativa ed arti figurative, “Pinocchio a scuola” in cui Massimo Bisogno ha coinvolto i giovani allievi delle scuole primarie di Roccapiemonte, in provincia di Salerno.
Ci si chiederà come è nata la collaborazione tra un imprenditore ed un artista, tra Massimo e Grzegorz? La casualità, gli incontri fortuiti del quotidiano: la scelta di un paio di occhiali per ripararsi dal sole che abbaglia nei giorni di primavera, durante il suo primo soggiorno italiano, a Nocera, nella Valle del Sarno…e poi la curiosità di chi non si aspetta di ammirare opere d’arte in uno spazio espositivo, creato per una vocazione altra. Il resto è la storia di questo piccolo evento!
PinOcchio a Lodz è il racconto iconico di un amore che coinvolge i bambini di ogni latitudine, che come ribadisce nella nota prefativa al catalogo, Agnieszka Zakrzewicz, pensano che “Pinocchio sia nato e vissuto nella propria città natale”. Grzegorz ci restituisce il suo PinOcchio, disegnato a china, utilizzando uno strumento quanto mai desueto, il rapidografo, nel dimenticatoio dei tempi moderni, e i colori ad acquarello in modo da far comparire sui fogli, quasi fanìe visive contemporanee, le figure delle favola non più italica.
Se il Pinocchio collodiano prende forma e vita da un pezzo di legno dei monti toscani, PinOkio di Grzegorz trae la sua forza da un immaginario urbano, forse quello della sua città d’origine, Lodz, dalle grandi distese, dalle strade larghe e lunghissime che la attraversano. Nonostante alcuni tratti di tante figure che si accampano sulla carta con la celerità e la vigoria propria della gioventù, denuncino reminiscenze accademiche dai grandi maestri del Novecento, è la capacità di reinterpretare il racconto affabulante, il segno più connotativo, emozionale delle sue opere.
Il caos contemporaneo è tutto lì, nella lingua di “Mangiafuoco” o nelle lettere che svolazzano vorticose, pesanti, sonore ed efficaci nell’aria del bellissimo “Abbecedario” di un burattino ancora de/forme ma vivace e loquace, stravolgendo il plot, la tessitura narrativa del testo.
Poco importa se le monete diventino tante e non le classiche cinque che Mangiafuoco aveva regalato al burattino, se il “Grillo Parlante” assuma un aspetto mostruoso e le sue sagge parole siano evocate con falci di lune calanti o lame taglienti; se ancora i due fantasmi-assassini siano - nella visione dell’artista polacco - neri come la notte, altamente poetica è tuttavia la “Bocca della Balena”, immaginata e restituita quale metaforico, semico oculus triste, ad onta delle ciglia (o denti aguzzi?), invaso dal rosso, rischiarato dall’esile fiammella che rende vivido l’azzurro dell’iride del bimbo incredulo, non più burattino che è stato e continua ad esistere dentro ogni adulto. Tutti i grandi sono stati bambini una volta anche se pochi di essi se ne ricordano, ribadisce Antoine de Saint Exupery in chiosa alla dedica del suo “Piccolo Principe”, appunto all’amico Leone Werth, quando era un bambino.
La “Fata dai capelli turchini” volutamente echeggia rivisitazioni scoperte da dame notissime della pittura del Ventesimo secolo, quale tributo del giovane artista ad una stagione nuova dell’arte figurativa di cui altrove egli ha già dato notevoli exempla.
Il cielo notturno che divide il mare increspato nella rappresentazione della “Balena” è cosparso di nero e privo di stelle; l’efficacia e la purezza della linea emergono quale puro esercizio di stile, nei guazzi ampi di colore, nelle nervature marine che si intersecano, si fondono, attraversano lo spazio pittorico.
Un punto di fuga sghembo, inquietante, lontano: PinOcchio alla deriva o protetto dal ventre del cetaceo, nella sua accezione primigenia?
La fiaba nella traduzione, quale tradimento immaginifico, di Grzegorz Worpus Budziejewski non procede per paratassi o esegesi iconografica, né per interpolazioni/contaminazioni visive, oniriche, piuttosto seguendo percorsi a lui noti: il “Serpente” sguscia e s’avvinghia tra i grattacieli ed i palazzi della “Ulica Piotrkowska”, la rettilinea arteria che divide Lodz o meglio ne costituisce la nevralgica spina dorsale, la strada che tutti gli abitanti della città da oltre un secolo percorrono, ad ogni ora del giorno, autentico museo diffuso d’arte e di culture diverse.
Teobaldo Fortunato